Il giudizio Universale si trova nella Cappella Sistina, nella parete dietro l’altare. L’opera, realizzata tra il 1533 e il 1541 da Michelangelo vide un iter molto tormentato e burrascoso.
La commissione di Clemente VII
L’opera venne commissionata da papa Clemente VII che decise anche il punto in cui doveva essere collocata. Purtroppo lui riuscì a vedere solo il modello compositivo perché l’esecuzione vera e propria dell’affresco avvenne sotto Paolo III. La preparazione aveva assorbito un lasso di tempo di tre anni. Per prima cosa, sulla parete, per rendere la superficie inclinata, fu sistemato uno strato di mattoni più spessi in alto e più sottili in basso. Questa pendenza serviva a dare maggior visibilità al dipinto ed evitare che si posassero polveri che potessero sminuirne l’impatto visivo.
Questo affresco si presenta come un’unica grande struttura composta da più parti collegate tra loro. In alto sono stati dipinti degli angeli portano i simboli della passione. In basso al centro si trovano Cristo Giudice con Maria Vergine attorniati da santi e beati, mentre nella parte inferiore sono affrescati gli angeli con le trombe del Giudizio e ai lati i giusti che vengono fatti salire in paradiso mentre i dannati vengono cacciati negli inferi.
Il Dio di Michelangelo
Michelangelo ci presenta un Dio pieno d’amore ma anche rigido nella sua giustizia e la critica vide in questa rappresentazione la lotta solitaria del pittore tra la materia e il male. Gesù è su una nuvola con sua madre al fianco chinata quasi cerchi protezione nel corpo del figlio e lui intento a maledire i dannati con il braccio destro alzato, mentre chiama docilmente, con la mano sinistra, i beati. Maria è impaurita da quella folla, raggomitolata del suo manto blu, forse incredula di quello spettacolo a cui è stata ammessa come se, ancora, nutrisse qualche dubbio sulla potenza del figlio.
Sopra al Cristo ci sono due zone semicircolari che accolgono gli angeli con gli strumenti utilizzati per la Passione del Cristo: la croce, la corona di spine, i dadi delle guardie, la colonna in cui Cristo è stato flagellato, la spugna intrisa d’aceto con cui è stato “abbeverato”. Tutti gli angeli che portano i simboli della passione sono apteri, ossia angeli privi di ali.
La disputa tra il cardinal Carafa e Michelangelo
La chiesa non ha mai saputo distinguere l’arte con il falso puritanesimo così il cardinal Carafa accusò Michelangelo di essere immorale per aver dipinto con intollerabile oscenità tutte quelle figure nude, con le parti intime ben in evidenza, in una chiesa che era considerata il fulcro della cristianità. La campagna di censura venne organizzata proprio dal Carafa in collaborazione con Monsignor Sernini. Fu convocatoDaniele da Volterr a cui venne affidato il compito di coprire le nudità. Fu proprio la pittura delle famose “braghe” a portargli il soprannome con cui è passato alla storia “Il Braghettone”. Su quante figure sia intervenuto il povero artista non è ben chiaro, ma sta di fatto che l’intervento, per forza di cose, ha alterato il risultato finale.
Ci sono un paio di curiosità che riguardano questa opera immane. La prima riguarda San Bartolomeo, ritratto in basso vicino al Cristo. Sulla pelle che tiene in mano è presente un autoritratto di Michelangelo. Altra curiosità riguarda Biagio da Cesena, Maestro Cerimoniere del Papa. Questi mosse delle critiche sull’operato di Michelangelo e lui, per reazione, diede il suo volto alla figura di Minosse, quindi lo relegò agli inferi.