Le disequazioni di secondo grado

Partiamo da una semplice differenza: le equazioni rappresentano uguaglianza (x=x è un’equazione vera; x=y è un’equazione falsa), mentre la disequazione è una disuguaglianza tra due espressioni algebriche (6<7 è una disequazione vera mentre 9 100 è una disequazione falsa). La soluzione di una disequazione di secondo grado è inevitabilmente collegata alla soluzione della corrispondente equazione di secondo grado quindi è indispensabile conoscere il funzionamento di quest’ultima.

La cosa importane da ricordare è che qualunque disequazione di secondo grado può essere trasformata in forma semplice. Un aiuto per risolvere le disequazioni di secondo grado può arrivare dall’inquadrare il problema in forma grafica. Come ci insegnano le equazioni di secondo grado è indispensabile tenere presente la discriminante della disequazione poiché questo determina il numero di intersezione tra parabola e asse dell’ascisse.

La storia: dall’equazione alla disequazione il passo è breve

La matematica è sempre stata insita nell’essere umano tanto che già l’uomo primitivo aveva sviluppato il senso della quantità, ma dobbiamo arrivare al 1600 per ritrovare i simboli matematici che conosciamo oggi. Questa evoluzione la dobbiamo a Cartesio, ed è stata una vera rivoluzione se si pensa che fino a quel momento la matematica veniva espressa solo a parole. Ad apparire per prima è stata l’equazione di secondo grado. Anche se non si conoscono le origini precise della sua nascita, si può sostenere che le sue radici sono molto lontane nel tempo visto che sono state trovate delle tavolette in argilla, con scrittura cuneiforme, in cui sono risolte equazioni di secondo grado. Le tavolette risalgono alla dinastia assiro-babilonese di Hammurabi. Ad affrontare le equazioni di secondo grado in modo approfondito è Euclide, nel III-II secolo a.C. ma appaiono soluzioni di questa formula matematica anche nel Brahmasphuta Siddhanta del VI secolo d.C.

Il matematico, astronomo persiano Al-Khwarizmi, considerato padre dell’algebra e vissuto a Bagdad nella “Casa della Sapienza” (VIII/IX secolo d.C.), dopo aver enunciato la regola risolutiva a parole, ne offre una dimostrazione geometrica: trasporto da un membro all’altro della stessa quantità; bilanciamento con la somma dei termini simili; divisione per il coefficiente del grado massimo. In un suo testo si legge: “Ho diviso dieci in due parti, poi ho moltiplicato ogni parte per se stessa e preso la somma delle due, che fa cinquantotto dirham. Poni una della due parti una cosa e l’altra dieci meno una cosa. Moltiplica dieci meno una cosa per se stesso, fa cento più un censo meno venti cose, poi una cosa per una cosa, fa un censo. Poi addiziona entrambi, fa cento più due censi meno venti cose, equivalente a cinquantotto dirham. Restaura il cento più due censi con le venti cose mancanti e portale ai cinquantotto, fa allora cento più due censi equivalente a 5 cinquantotto dirham più venti cose. Riporta a un unico censo prendendo la metà di tutto ciò che hai. Fa cinquanta dirham più un censo equivalente a ventinove dirham più dieci cose. Diminuiscilo, cioè sottrai da cinquanta ventinove, rimane ventuno più un censo uguale a dieci cose. Dimezza le radici, fa cinque, moltiplicalo per se stesso, fa venticinque. Sottrai da questo il ventuno legato al censo, rimane quattro. Prendi la sua radice che fa due e sottrai questo dalla metà delle radici, cioè cinque. Rimane tre che è una delle due parti e l’altra è sette. Questo problema ti ha riferito uno dei sei casi, cioè censi più numeri equivalente a radici». Ovviamente, leggendo questo pezzo, ci si potrebbe fare un po’ di confusione, ma Al-Khwarizmi fu il primo a dare una dimostrazione geometrica dell’equazione di secondo grado.