L’inferno di Dante Alighieri

Dante Alighieri, il poeta vissuto a cavallo tra XIII e XIV secolo ci ha donato la più grande opera scritta in lingua italiana: La Divina Commedia. Suddivisa in tre cantiche: Inferno, Purgatorio e Paradiso racconta il pellegrinaggio ultraterreno di Dante. L’inferno, oltre ad essere quello più complesso e ricco, è la parte che più ha fatto da trainer all’opera intera. Sembra quasi che, dopo aver consumato la maggior parte delle proprie energie, Dante abbia scritto Purgatorio e Paradiso giusto perché doveva finire l’opera, ma hanno perso completamente l’energia della prima delle cantiche.

La nascita dell’inferno e la sua struttura

Lucifero era uno dei migliori angeli a disposizione di Dio, ma un bel giorno si ribellò così Dio lo scaraventò dal paradiso direttamente sulla terra. Quando Lucifero stava per atterrare, la terra si ritrasse per paura del contatto con l’essere demoniaco, formando un’enorme buco a forma conica. La terra che si era ritratta emerse sopra le acque, dalla parte opposta del globo e diede vita al Purgatorio. L’inferno, quindi, è composto da questo cono che si apre sotto Gerusalemme e arriva, con la punta, fino al centro della terra.

La struttura è suddivisa in nove cerchi che Dante, accompagnato da Virgilio, percorrerà fino a raggiungere il fondo. Ovviamente, visto la forma conic, man mano che si scende i cerchi si stringono : quelli più in alto, quindi più larghi, ospitano i peccati più diffusi, quelli inferiori, invece, accolgono meno peccatori ma i loro peccati sono quelli più gravi. Tra i cerchi più complessi troviamo quello delle Malebolge, l’ottavo cerchio che è diviso in fossati separati da muretti e ponticelli.

L’ordinamento delle pene

Virgilio, nel canto XI, sostiene che l’ordinamento delle pene fa riferimento all’Etica Nicomachea di Aristotele, rivista con l’ottica della teologia tomista medievale. La scelta della pene, come tutti sappiamo, segue la legge del contrappasso così i peccatori sono puniti con una pena che è in analogia o opposta alla colpa. Se tralasciamo Antinferno e Limbo, troviamo che dal secondo al quinto cerchio sono punite le anime che hanno ceduto agli istinti primordiali e alle pulsioni, ossia hanno commesso i Peccati d’incontinenza. Questi corrispondono ai setti vizi capitali: superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira, accidia. Il quinto e il sesto cerchio sono divisi dal muro della Città di Dite. Oltre questo muro si trovano i peccatori più gravi, quelli che hanno utilizzato la Ragione per commettere del male.

Le fonti di Dante

Ovviamente il sommo poeta ha tratto spunto da personaggi e fonti della storia. Le sue ricerche spaziano dalla mitologia dell’antica Grecia e Roma, dalla Bibbia alle tradizioni medievali. È qui che prendono forma le mostruose figure di Minosse, Caronte, Cerbero, le Furie, le Arpie ecc. Dante però, regala a questi personaggi una nuova visione. Mentre i teologi cristiani non negavano l’esistenza di questi ma non gli riconosceva la divinità, Dante li utilizza come strumenti di giustizia divina. Sembra quasi che il poeta voglia ricordare al lettore che il mondo classico è stato esclusivamente preparatorio all’epoca cristiana, quindi tutto aveva il fine di predisporre al grande evento divino.