Chi è interessato a scoprire quadri Van Gogh inediti può essere destinato a non rimanere deluso: nel volume intitolato “Vincent Van Gogh. Le opere disperse”, infatti, si fa riferimento a molte opere che l’artista menziona e che per il momento non sono state ancora trovate. Il testo, pubblicato da Matteo Smolizza e Antonio De Robertis, fa luce sull’attività decisamente prolifica del pittore, che realizzava quadri quasi in quantità industriale. Sempre che il corpus di Van Gogh conosciuto non sia completo: ce n’è ancora una parte molto consistente che deve essere scoperta.
Ma non è questo il solo libro che parla di quadri Van Gogh ancora sconosciuti: nel novembre del 2016, per esempio, a Parigi è stato presentato il volume “Vincent Van Gogh, le brouillard d’Arles, carnet retrouvé”, che include più di 60 schizzi inediti, di cui la maggior parte effettuati a inchiostro. Tra questi c’è anche un autoritratto del pittore, raffigurato mentre indossa un cappello di paglia. Il quaderno è stato fatto conoscere al pubblico nella sede parigina dell’Accademia di Architettura ed è stato realizzato da Bogomila Welsh-Ovcharov, un’esperta del Canada, tra l’altro commissario per la mostra del 1988 “Van Gogh à Paris”, allestita nel Musée d’Orsay.
Insomma, si tratta a tutti gli effetti di una delle esperte più importanti al mondo dei quadri Van Gogh, anche se sul suo lavoro alcuni addetti ai lavori hanno espresso delle forti perplessità. Dubbi sono giunti, per esempio, dal museo intitolato a Van Gogh di Amstedam, con gli esperti della struttura che hanno definito le opere come semplici imitazioni, come si potrebbe intuire dalla qualità dell’inchiostro che è stato impiegato. Ma anche alcuni errori topografici e lo stile dei disegni metterebbero in discussione le tesi dell’esperta canadese. Nel museo olandese sono conservati, invece, 500 schizzi che di sicuro sono opera di Van Gogh.
Insomma, è molto probabile che la produzione di Van Gogh che oggi conosciamo non sia completa: al momento si può sostenere con certezza che il pittore olandese abbia portato a termine circa 900 dipinti e realizzato oltre un migliaio di disegni, ma da questo calcolo sono esclusi tutti gli schizzi che sono stati iniziati ma non conclusi, oltre ai numerosi appunti che, con tutta probabilità, avrebbero dovuto imitare dei disegni artistici orientali. Nei due anni passati a Parigi, infatti, Van Gogh aveva avuto modo di interessarsi all’arte giapponese. In Francia in quel periodo il giapponismo riscuoteva un certo successo: quell’arte lontana era così amata da Vincent che egli trasmise la propria passione al fratello Theo: i due, infatti, raccolsero centinaia e centinaia di opere, che oggi si possono ammirare nel museo di Amsterdam. Ciò che attraeva Vincent era la disinvoltura della rappresentazione dello spazio che caratterizzava le stampe nipponiche, dove si palesavano incoerenze dimensionali tanto evidenti quanto accattivanti, oltre a una cromia dalle doti ornamentali.
Non ci sono dubbi, invece, sul fatto che il pittore olandese sia stato un genio incompreso, almeno fino a quando è rimasto in vita.